Nato a Verona il 30 settembre 1813, frequenta dal 1836 l’Accademia Cignaroli della sua città sotto la guida di Pietro Nanin e, in seguito, lo studio di Lorenzo Muttoni. Espulso dall’Accademia, vi sarà riammesso per meriti artistici nel 1845. Abile prospettico, si dedica alla pittura di paesaggio, di figura e al ritratto. Protagonista quasi assoluta della sua pittura è Verona, vista in ampi panorami urbani e scorci monumentali, città che lascia soltanto sporadicamente per viaggi di studio o di lavoro a Venezia e a Roma. I suoi primi dipinti di paesaggio, inviati tramite il Muttoni all’Accademia di Venezia nel 1839, sono apprezzati dallo scultore Luigi Zandomeneghi, allievo di Canova. Risale sempre al 1839 la prima veduta di Piazza Erbe (Verona, Galleria d’Arte Moderna), che anticipa quella lunga serie di dipinti sullo stesso soggetto che replicherà più volte per il principe Anatolio Demidoff, per la contessa Samoyloff (nel 1846, pendant di una Piazza dei Signori a Vicenza), o per lo scultore Innocenzo Fraccaroli in una variante esposta a Brera nel 1844, giudicata con grande favore da Francesco Hayez. Nel 1840 prende parte all’esposizione dell’Ateneo di Brescia con le tele Fucina di maniscalco, venduta a Torino, ed Eremitaggio. Dello stesso anno è la Sagra a San Michele (Brescia, Pinacoteca Civica), acquistata dal collezionista Paolo Tosio e replicata per il mercato inglese (Brescia, Pinacoteca Civica), e che in seguito ha come pendant La preghiera dei villici nello stesso museo. Nel corso degli anni Quaranta ha come committenti i più alti rappresentati dell’aristocrazia locale (i conti Erbisti, Pompei, Albertini, Montanari, Da Lisca, Monga) e i circoli degli ufficiali austriaci di stanza in città, come il maresciallo Radetzky, il principale destinatario di molte delle sue vedute di Venezia. Predilige i luoghi e i monumenti più tipici della tradizione vedutistica settecentesca, come dimostrano le opere la Riva degli Schiavoni, esposta all’Accademia di Belle Arti a Venezia nel 1843, il Canal Grande e la Ca’ d’oro (1847), eseguito per il principe Troubetzkoy, il pendant con La piazzetta dalla laguna e Il Canal Grande con la basilica della Salute e Il Canal Grande a San Simeon Piccolo (1848). Nel 1846 è nominato membro per la classe di pittura prospettica dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, alla quale offre in dono l’anno seguente Il ponte Pietra a Verona. Nel 1847 è nominato accademico professore dell’Accademia di Belle Arti di Verona. In qualità di conoscitore d’arte, redige i cataloghi della raccolta Bernasconi e della futura Pinacoteca comunale di Verona (1850) e, insieme al Muttoni, quello della galleria di Giulio Pompei (1853). Pratica anche l’incisione, traducendo opere rinascimentali da Francesco Morone (Battesimo di Cristo, matrice litografica al Museo di Castelvecchio; Trinità e santi, da alcuni affreschi staccati), e illustra il libro di G. G. Orti Manara, Delle avventure di Adelaide, sposa di Ottone I di Sassonia, delle notizie dei castelli di Garda e Canossa, Verona, 1844. Della sua attività di ritrattista, ampiamente documentata dalle fonti (Il conte Giuseppe Venier, Padre Morelli, La contessina Thun a due anni), resta testimonianza nell’Autoritratto con berretto e tavolozza (1844, Verona, Galleria d’Arte Moderna). Il suo riconosciuto pubblico è sancito negli anni Cinquanta, come confermano la visita al suo studio del giovane imperatore Francesco Giuseppe (1851) e alcune prestigiose commissioni, tra cui le vedute romane compiute per il principe Demidoff nel 1854 (Veduta del Foro Romano, Piazza di Spagna, Porto di Ripetta, Campidoglio e Piazza Navona, quest’ultima esposta all’Accademia di Belle Arti a Verona nel 1856 e premiata con la medaglia d’oro). Nel 1852 espone, sempre all’Accademia di Verona, le vedute del Lago di Garda e della Chiesa di S. Stefano; nel 1853 Il ponte della ferrovia in costruzione; nel 1856 il Rigagnolo a San Bernardino e Il canale dell’Acqua Morta; nel 1860 è presente a Brera con la Porta Vescovo dall’interno. Partecipa inoltre a diverse esposizioni italiane e estere, a Torino, Milano, Venezia, Vienna e Varsavia. Nell’ultimo periodo della sua attività dipinge anche soggetti sacri e storici. Tra di essi, si ricordano la Sacra Famiglia esposta all’Accademia di Verona nel 1856, l’Apparizione della Madonna presentata a Torino alla Mostra della Società di Belle Arti nel 1857, insieme alla Madonna dell’Olivo acquistata dal principe Eugenio di Savoia Carignano, Raffaele e Tobiolo (1865), la Madonna della Pace (1859), il Cangrande che si congeda dalla famiglia per un viaggio in Baviera (1859) e il San Dionigi che battezza Clodoveo, già nella sacrestia di Santa Anastasia a Verona. Nel 1864 è nominato direttore onorario dell’Accademia di Verona e nel 1871 membro della Commissione d’ornato. Un suo taccuino inedito di appunti e note autobiografiche è conservato nella Biblioteca Civica di Verona (1899), mentre alcuni schizzi di figure dal vero sono conservati agli Uffizi. Muore nella sua città natale nel 1871.

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