Allievo ad Arnhem di H.J. Van Ameron e a Parigi del Bertin (1808/11), inizialmente pittore di rigida osservanza neoclassica e a Roma dal 1812 al 1815 impegnato in un vedutismo accademico-scenografico, quando giunse a Napoli nel 1815, quasi repentinamente convertito alla lettura del vero (da contatti con Corot e a conoscenza degli esiti di Bonington, Constable e Turner), sovvertì il tradizionale vedutismo documentario partenopeo semplificando l'espressione ed esaltando il significato del «brano» pittorico isolato dal contesto magniloquente del panorama scenografico. Questo atteggiamento, il conferire dignità di soggetto a un pur umile pretesto paesistico, condussero il Pitloo ad una posizione di primato nell'ambito della Scuola di Posillipo. Dal 1830, la trasposizione del paesaggio in termini d'impressione, a macchie tonali, segnò l'avvicinamento dell'espressione pitloiana ai modi dell'ex allievo Giacinto Gigante. Pur godendo di fama nazionale per la storica e determinante influenza esercitata sull'evoluzione del paesismo partenopeo dell'Ottocento, Pitloo ha mercato con prevalenti interessi napoletani. BIBLIOGRAFIA. R. Causa, Pitloo, Napoli, Mele Editore 1956; E. Di Majo e M. Causa Picone, Anton Sminck Van Pitloo. Un paesaggista olandese a Napoli, catalogo della mostra, Roma 1985; M. Causa Picone e S. Causa, Pitloo. Luci e colori del paesaggio napoletano, catalogo della mostra, Napoli, Electa Napoli 2004.