Nato a Torino il 10 agosto 1836, da una famiglia valsesiana, morto nella stessa città il 14 dicembre 1910. All'età di quindici anni lascia gli studi per la pittura, frequentando prima l'accademia di Pisa (1851), poi per quattro anni lo studio di Alexandre Calame a Ginevra (1852-57), dove conosce Fontanesi. Nello stesso periodo soggiorna in Olanda e in Belgio, e, nel 1855, a Parigi, dove all'Esposizione universale ha possibilità di ammirare i maggiori esponenti del naturalismo francese, Corot e i paesisti di Fontainebleau (Courbet, Rousseau, Huet, Daubigny). Il soggiorno parigino è determinante: al ritorno a Ginevra si scosta dal Calame e stringe rapporti, oltre che con Fontanesi, con G. Castan e con B. Menn, i due allievi più francesizzanti del Calame. Per due anni (1858-59) i suoi quadri sono rifiutati alla Promotrice di belle arti di Torino, città allora roccaforte del calamismo, alla quale esporrà poi sempre regolarmente. Tra il 1857 e il 1860 si trasferisce a Roma (vi ritornerà nel 1865), dove frequenta l'entourage artistico di Nino Costa, compiendo tuttavia frequenti soggiorni in Piemonte accanto ai pittori di Rivara, dipingendo nel Canavese e nel Vercellese. Dal 1861 si stabilisce a Torino, dove affianca all'attività pittorica lo studio e il collezionismo dell'arte antica, che lo porterà ad assumere numerosi impegni pubblici e privati: nel 1865 è incaricato di riordinare il Museo del Bargello di Firenze; nel 1872 acquista e restaura con A. D'Andrade il castello d'Issogne in Val d'Aosta, donandolo poi allo Stato; cura il restauro del palazzo Silva a Domodossola e di casa Cavassa a Saluzzo (1885); nel 1884 collabora col D'Andrade alla costruzione del Borgo medievale a Torino. Dal 1890 alla morte è direttore del Museo civico di Torino. Alla Biennale di Venezia gli sono dedicate una mostra monografica, con cinquantatre opere, nel 1912, e una mostra postuma, nel 1952. E paesista di gran pregio, di una sensibilità raffinata e sottile, ed impronta le sue opere a un personale lirismo. Si possono distinguere in lui tre maniere: la prima «calamista», la seconda «naturalista» (dal 1855), la terza «individuale» (Stella), estesa alla rappresentazione interpretativa della natura. Egli è considerato, a fianco di Delleani, uno dei «rinnovatori della pittura piemontese dell'800». I suoi quadri sono conservati in raccolte statali e private italiane ed estere. Nella Galleria d'arte moderna di Roma: La valle del Pussino (1874); nella Galleria darte moderna di Torino: A Fiumicino (1879); Campagna di Gattinara (1867); La contessa Sofia di Bricherasio; Il pascolo. Altri suoi lavori notevoli sono nella collezione Turri di Milano: Paesaggio; nella collezione Delleani di Carignano: La campagna romana (1860); Il Teverone (1861); Prati di Castello (1886); nella collezione della Duchessa di Genova: A Lozzolo (1871); Paese (1874); Sulla strada di Calais (1878); Paese (1878); nella Collezione Fogliato di Torino: Alfa (1885); Ultimo studio; Pax; nella collezione Tournon di Torino: Meyringen (1854); Palude (1898); nella collezione Sandri Agoggio di Torino: Le canai des Frames; Valletto verde. Avondo è inoltre acquafortista e disegnatore (un gruppo di disegni di vario argomento sono conservati presso la Galleria d'arte moderna di Torino).
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