Noè Raimondo Bordignon nasce a Salvarosa di Castelfranco Veneto il 3 settembre 1841, figlio di Domenico Lazzaro, sarto, e di Angela Dorella, cucitrice. E il quarto di otto figli.
 A sette anni rimane orfano della madre. Fin dalle prime scuole viene notata la sua attitudine al disegno, tanto alcuni Castellani si interessano personalmente con il Comune di Castelfranco perché possa frequentare la regia Accademia di Belle Arti a Venezia. Ciò avviene nel 1859 a 18 anni. Suoi professori sono Michelangelo Gregoretti, Carlo De Blaas e Pompeo Molmenti, fra i suoi colleghi di studio citiamo Giacomo Favretto e Guglielmo Ciardi. L’abilità e l’impegno lo portano a conseguire nell’anno scolastico 1861/62 la medaglia d’argento negli elementi di figura per la terza classe. Termina il corso di studi all’Accademia nel 1865 con un ottimo profitto, tanto da meritarsi una borsa governativa di studio di perfezionamento a Roma. Dopo il periodo romano si ferma alcuni mesi anche a Firenze per approfondire le varie scuole di pittura.
Nel 1869 ritorna a Venezia, dove nel 1871 apre lo studio a San Vio, piscina del Forner, continuando a rimane aperto lo studio allestito nella casa paterna presso il quale prepara una lunga serie di opere. E’ a San Zenone che, con un’unanime decisione della popolazione, gli viene commissionata la complessa decorazione della nuova chiesa parrocchiale. Iniziati con il grande trittico del soffitto nel 1869, i lavori continuano saltuariamente fino al 1882, intercalati a quelli eseguiti a Pagnano nel 1874, a Sant’Apollinare nel 1875, a Monfumo nel 1877. Culminano con il grandioso «Giudizio universale» dell’abside, inaugurato nel 1879. Ma nel decennio tra il 1869 e fine 1879 la sua attività si afferma anche attraverso lavori eseguiti negli studi di Castelfranco e di San Vio, oltre che nei grandi affreschi di carattere religioso e profano, tanto da ottenergli nel 1880 «una pensione governativa per merito distinto», che consiste nello «studio ed alloggio gratuito a Palazzo Rezzonico». Nel frattempo Noè conosce e frequenta Maria Zanchi, finché nella Pasqua del 1886, nella chiesa dei Carmini a Venezia, il parroco don Francesco Soranzo benedice il loro matrimonio. Durante il periodo veneziano si afferma ulteriormente la fama del pittore. Ma il suo inserimento come artista nell’ambiente accademico non è facile. Incontra l’opposizione dei rappresentanti più autorevoli della Biennale, che contestano le sue opere. Respinti i quadri «Pappa al fogo» e «Interno della Chiesa dei Frari», il pittore li invia all’Esposizione di Parigi, dove vengono premiati con medaglia d’oro. Vari sono i motivi del rifiuto da parte degli esponenti della Biennale, derivanti soprattutto, secondo le testimonianze, dalla personalità dell’artista, che non accetta compromessi con i suoi colleghi. Lui stesso afferma, ormai vecchio, «che il Ciardi lo invitò con insistenza ad affigliarsi alla Massoneria se voleva far strada»; ma non accettò e si oppose in coerenza anche con la sua fede cattolica. Nel frattempo partecipa anche a numerose mostre in varie città italiane ed estere : a Parigi, Esposizione internazionale nel 1878 («Fanciulli che cantano», opera premiata); a Torino nel 1880 («Fanciulle che cantano nella valle» e «Ritorno dalla scuola»); a Firenze nel 1883; di nuovo a Torino nel 1884 («Lucrezia degli Obizi»); a Venezia nel 1887; a Roma presso la società Amatori e Cultori di Belle Arti nel 1889 («Scarpette nuove»); a Berlino nel 1894 («La cresima», opera premiata); a Sassari nel 1895 («Età beata»); ancora a Torino nel 1898 («Inizio alla carriera», «Modella in posa», «Partita a carte»); a Liverpool («Interno di Santa Maria dei Frari a Venezia», premiata con medaglia d’oro di primo grado); a Milano nel 1900; a New York nel 1902; in Cile nel 1902; a Firenze nel 1907 e nel 1908; a Berlino nel 1910 e nel 1911; ancora a Monaco, a Bruxelles, a Lipsia, a Vienna, a Palermo. Le opposizioni e i contrasti specie con il Ciardi continuano, tanto da indurlo ad abbandonare Venezia ed a ritirarsi a San Zenone. Per l’abitazione provvede l’arciprete mons. Bianchetto che gli cede per un modesto affitto la ex casa del cappellano don Antonio Renier e inoltre gli affida la decorazione del Santuario della Beata Vergine della Salute nell’ottobre del 1891. Prosegue intanto la sua attività con affreschi come «Le ore» nella villa Avogadro di Castelfranco e la «Sfilata in costume greco al tempio di Minerva» a Bassano nella villa De Micheli, distrutta dai bombardamenti nell’ultima guerra. Sono di questo periodo dodici degli affreschi più grandiosi di varie chiese della Marca Trevigiana e delle province di Venezia e di Vicenza e ventotto delle sue tele migliori. Nel 1913, dopo la morte dell’amatissimo e dotatissimo (in pittura) figlio Lazzaro avvenuta il 7 settembre 1906, e della moglie avvenuta il 27 maggio 1913, trasferisce ufficialmente la sua residenza a San Zenone in una casa di proprietà, dove nello studio, uno stanzone rustico, disadorno, o fuori all’aperto, lavora in piena libertà, le maniche rimboccate, capo scoperto, in pantofole o zoccoli, riprendendo frequentemente come soggetti dei suoi quadri i paesani che incontra. Nell’agosto del 1920 cade a terra fratturandosi il femore. Il suo fisico non riesce a superare quest’ultima prova. Muore il 7 dicembre 1920, lasciando incompiuto l’autoritratto, ultimo significativo testimone del suo travaglio interiore e della sua abilità.

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