Figlio di Achille Muzio, nacque a Fossombrone il 23 maggio 1887. Fece gli studi classici al liceo Marco Foscarini di Venezia; studiò poi disegno a Este, alla scuola di Francesco Salvini. Allievo dell'Accademia di Brera a Milano nel 1904-05, partì per Parigi nel 1906, dove rimase fino al 1915, dedicandosi soprattutto all'incisione. Nel maggio di quell'anno tornò in Italia, volontario di guerra. Le incisioni eseguite a Parigi comprendono le seguenti raccolte: Le petit Paris qui bouge (25incisioni), 1908; I vecchi (12incisioni), 1908; Rouen (9incisioni), 1908; Paris qui bouge (59incisioni), 1909; Algeri notturna (6incisioni), 1912; Bretagna (8 incisioni), 1912.Il B. partecipò alle più importanti mostre parigine, ottenendo anche una menzione onorevole al Salon des artistes français nel 1910. Queste serie d'incisioni s'ispirano alla cultura grafica francese post-impressionista del primo Novecento, pur conservando caratteristiche tracce dello studio del Fattori, della sua maniera secca e schiva di ogni retorica. Il Bucci oscilla tra questo tipo di visione e le eleganze formali, allora alla moda, di Chahine. Ma l'atmosfera parigina lo avvicinò in seguito al gusto di Jean-François Raffaelli, che fu un interprete attento della vita dei boulevards e della banlieue, e alle più acute annotazioni di Pierre Bonnard. E ciò appar chiaro in alcune stampe come L'écraseur,Touaregs à Paris,Avenue Rachel e in quelle più libere, come Rue Lepic,Les frites,Sa Majesté e Bourgeoises du dimanche (tutte del 1909). Il periodo parigino fu il tempo migliore per l'arte del Bucci, vicino all'esperienza affine di Lorenzo Viani, per l'amore agli aspetti della vita degli umili e dei poveri. Egli tracciava ritratti nervosi, caratteristici, di tipi trovati per la via, e la puntasecca era il modo espressivo più appropriato al suo temperamento immediato, sensibile, ironico d'illustratore, che si manifestava altresì, con uguale felicità di scrittura, nei ricordi di artisti conosciuti o veduti a Parigi tra il 1906e il 1915, pubblicati nell'Ambrosiano e nel Corriere della Sera molti anni più tardi, e negli aforismi e nelle pagine diaristiche del Pittore volante (Milano 1930), opera che vinse il premio Viareggio di quello stesso anno. Il Bucci descrisse, sempre attento e vivace, molti aspetti della vita di guerra, dal 1915 al 1918, in una serie di 50 puntesecche pubblicate a Parigi nel 1918 col titolo Croquis du front italien, nelle 50 tavole litografiche a colori intitolate Marina a terra (1918) e nelle 12 litografie a colori edite nel 1919 col titolo Finis Austriae. Negli infiniti appunti tracciati nei taccuini di guerra, che servirono di spunto alle incisioni e alle litografie (cfr. Gall. Pesaro, Arte di guerra di A. B., catal., Milano 1918), si notano già gli sviluppi dell'arte del Bucci, nel dominio dell'illustrazione, documentati nei loro più precisi caratteri stilistici nelle otto puntesecche per il Primo libro della Jungla di Kipling, che venne edito a Milano nel 1925. Da queste illustrazioni si orientò poi il Bucci pittore e decoratore, in un distacco sempre più evidente dalla civiltà grafica degli anni parigini, quasi in polemica con se stesso. E la polemica si acuì, dopo il suo ritorno, nel dopoguerra, a Parigi, capitale delle avanguardie più spinte, e a lui sempre più estranee. Infatti, pur essendo tanto dotato come incisore, volle esprimere nella pittura una specie di ritorno al classicismo, particolarmente auspicato nel dopoguerra 1918 da pittori e scrittori in riviste come Rete mediterranea e Valori plastici, e che si determinò nella formazione del gruppo del "Novecento italiano" nel 1922. Il Bucci fu il vero promotore del gruppo, che, a Milano, organizzò conferenze, dibattiti e mostre, con l'intento di favorire un orientamento neoclassico, malgrado i riferimenti a Giotto e a Masaccio. Il suo impegno maggiore fu nel quadro I pittori, una tela compiuta tra il 1921 e il 1924, che doveva rappresentare il suo pensiero sull'arte antitetico ai movimenti d'avanguardia, tante volte espresso negli scritti di allora e degli anni successivi. Il sogno della metropoli, come simbolo della modernità più eccitante, che aveva animato le ricerche dei nostri futuristi, da Boccioni a Severini, da Carrà a Soffici, nelle loro "evasioni" parigine, era per Viani e per il Bucci una tentazione pittoresca e disordinata, tipica dell'anarchismo della giovinezza. La libertà di esprimersi, al di fuori degli insegnamenti accademici, al di fuori di ogni tradizione, era un fine per tutti i pellegrini italiani in terra di Francia, da Martini a Rossi, da Modigliani a De Chirico, da Licini a Prampolini, da Magnelli a Russolo. Ciascuno di essi ebbe una sorte diversa da quella del Bucci, che accentuò invece il proprio distacco ideale dalla contemporaneità, opponendo gli antichi ai moderni, spesso con spirito caustico, con un curioso risentimento romantico. Tale stato d'animo poté ispirare molte ottime pagine al Bucci scrittore, che si affermò anche con Il libro della Bigia (Milano 1942) e con altri articoli pubblicati sul Corriere della Sera. Il maestro del Bucci, Jules Adler, diceva nel 1910: "Il n'est pas difficile de faire un jeune peintre: ce qui est difficile, c'est de vieillir proprement": e il Bucci invecchiò credendo nella possibilità di un "ritorno all'ordine", mantenendo una straordinaria vitalità, ricca di umori, nutrita di una cultura singolare, di una indipendenza morale ammirevole, di una ironia che raggiungeva rare volte il sarcasmo. Il Bucci fu uno dei più noti rappresentanti del cenacolo baguttiano, pronto alle battute di spirito, generoso e cordiale. Nella mostra, che C. A. Petrucci gli organizzò alla Calcografia nazionale di Roma nel dicembre 1954, erano esposte 649 incisioni, per la maggior parte puntesecche, e 48 litografie, descritte in un catalogo molto preciso, a cura dello stesso Petrucci. Era l'opera completa del Bucci: l'opera che rivela interamente la sua personalità estrosa, dominata dall'amore per la realtà, per il moto della vita, nei molteplici aspetti della pace e della guerra. Bucci morì a Monza il 19 novembre 1955.

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