Nato a Nizza nel 1879, Carlo Corsi compiuti gli studi classici, si iscrisse alla facoltà di ingegneria. Frequentò in questo periodo la Pinacoteca civica dove, attratto dalla pittura emiliana del Seicento, si cimentò in un paziente lavoro di copista. Incoraggiato dal pittore bolognese A. Scorzoni, suo primo maestro, abbandonò ben presto l’università per dedicarsi esclusivamente alla pittura e nel 1901 fu tra gli espositori della Società Francesco Francia. Nel 1902 si trasferì a Torino dove seguì i corsi all’Accademia Albertina; frequentò lo studio del pittore Giacomo Grosso. Fino dalla prima produzione l’artista si ispira a soggetti di vita quotidiana e borghese definito di volta in volta “il francese di Bologna” e “il poeta del colore”, per il suo rapporto stretto con la pittura d’oltralpe di matrice impressionista e postimpressionista, ma anche per la consonanza con artisti italiani parigini d’adozione, come Boldini, De Nittis e Zandomeneghi. La donna è la protagonista delle sue opere, ritratta ora all’interno di una stanza su un divano o dietro una tenda, ora all’aperto in un giardino o sulla spiaggia. Trattate con un linguaggio alieno da ogni riferimento naturalistico, tutto basato sul colore e sugli effetti di luce, di volta in volta l’artista propone nuove soluzioni e invenzioni coloristiche, aspetti diversi di una ricerca unitaria che, partendo dal dato naturale, lo trasfigura liricamente in immagine pittorica, sino a giungere a formulazioni astratte. Carlo Corsi nel 1912 fu invitato per la prima volta alla Biennale di Venezia. La sua pittura era ormai giunta ad un’elaborazione completa. Le esigenze di rinnovamento artistico si indirizzarono intuitivamente nel senso di un’adesione ad una pittura “naturale”, che si richiamava alla tradizione coloristica dei veneti e degli spagnoli fino all’impressionismo e al post-impressionismo. Partecipa alle mostre della Secessione romana dal 1913 al 1916, condividendone il clima di reazione alla cultura ufficiale, anche alla Biennale di Venezia (1914) e alla Mostra d’arte italiana a San Francisco (1915). Al 1914 si data una nuova maniera nella ricerca dell’artista: le immagini femminili, le scene d’interno o di villeggiatura sono rese sfruttando al massimo le potenzialità espressive del colore con pennellate rapide, secondo modi di più diretta influenza matissiana, la sua attenzione infatti va per lo più alla figura femminile, ripresa nelle pose più disparate, in interni borghesi, all’aperto, vestita degli abiti più alla moda o nuda, intenta a leggere o a camminare. C’è spazio tuttavia anche per piccoli paesaggi marini, dove troneggiano le località balneari più belle e rinomate d’Italia, da Riccione a Cesenatico, da Portofino a Celle Ligure, per concludere con alcuni collage degli anni quaranta-cinquanta. Nel 1941 vinse il premio Bergamo. Oltre alle mostre citate si ricordano in particolare le partecipazioni alla Mostra internazionale di Monaco nel 1913, alle Biennali di Venezia nel 1920,1922 e 1924, alla Primaverile fiorentina nel 1921, alla I Biennale romana nel 1921, alle Quadriennali romane nel 1941 1955-56, 1959-60; tra le esposizioni postume si ricorda la presenza alla mostra fiorentina “Arte moderna in Italia 1915-1935” del 1967.E accade, che il senso tipico del colore della pittura dei pittori “dopo l’impressionismo” assuma nel nostro artista una nuova variazione, per cui la sensibilità profonda, e talvolta esotica, tende a scarnificarsi, quindi a combaciare con le pure vibrazioni della luce, cioè con la sua essenza più astratta; in un gioco di contrasti, tra splendori ed opacità, tra verità folgoranti ed ombre che le riassorbono, il quale instaura un raro e avvincente equilibrio tra oggetto naturale e oggetto di fantasia, tra cose dette e cose non dette, e conferisce ad ogni quadro di Corsi un timbro che non si può confondere: nelle esaltazione, ha detto Valsecchi della visione interna, senza che sia dispersa l’ultima traccia della realtà, anche quando, nella serie dei Collages, l’artista “si vota al diavolo”, come ha scritto Herta Wescher su Art d’Aujourd’hui, “profondendovi tutto il suo spirito di rivolta, tutta la sua prodigiosa ironia e tutta la sua libertà rispetto ai mezzi di espressione” (Luigi Carluccio). La vicenda di Carlo Corsi è stata ed è oggi esemplare proprio in questo senso. Non si discute ormai più sulla qualità del percorso dell’artista, la cui lunga vita (era nato nel 1879 a Nizza ed è morto a Bologna nel 1966) è stata totalmente dedicata alla pittura e a partecipare da intellettuale e conoscitore al dibattito artistico nazionale, per un arco epocale lungo un settantennio. Tuttavia è ancora necessario argomentare e approfondire questa storia individuale, poiché essa racchiude elementi di assoluta validità, in parte sottovalutati . La specifica qualità dello stile pittorico di Corsi, ben noto e amato per alcuni tratti giovanili di derivazione post-impressionista, è ancora oggi meno conosciuto per altre pur evidentissime “sperimentazioni”. Non solo, la sua arte, grazie alla lunga parabola esistenziale, interagisce in modo critico e individuale con lo sviluppo dell’arte italiana, in una profonda connessione con la vita stessa e le vicende storiche del nostro Paese, che si riverberano nelle vicende personali dell’artista e nelle varianti espressive del suo lavoro, tratti questi che rendono lo studio di questo autore motivo di riflessione e di confronto in un panorama italiano ed europeo.

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