Giovan Battista Crema nasce a Ferrara nel 1883. Compie gli studi classici e ben presto si accosta all’arte frequentando lo studio del pittore ferrarese Angelo Longanesi. Nel 1899 si trasferisce a Napoli per studiare presso l’Accademia, dove è allievo di Domenico Morelli e di Michele Cammarano. Due anni dopo si sposta da Napoli a Bologna per completare gli studi presso l’Accademia di Belle Arti, dove è allievo di Domenico Ferri. Esordisce alla promotrice di Firenze del 1903 con il Ritratto di Domenico Tumiati e nello stesso anno si trasferisce a Roma, dove si stabilisce definitivamente. I primi anni sono stilisticamente legati al verismo e a tematiche sociali che spesso sfiorano un accorato pietismo, come avviene nel dipinto L’istoria dolorosa dei ciechi, presentato a Napoli nel 1904 e poi riproposto a Roma l’anno successivo. Il verismo dai toni patetici e tutto legato alla Scuola napoletana, si trasforma però ben presto il un linguaggio più aggiornato agli sviluppi di inizio Novecento. Si avvicina al Divisionismo di Previati, ma anche a quello del primo Balla. Nel 1906 all’Esposizione Nazionale di Milano per il Traforo del Sempione presenta Lavoro notturno alla Stazione Termini e l’anno successivo partecipa con un numeroso gruppo di opere alla mostra della Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma, dove ha una sala personale. Questi anni sono anche segnati da una notevole adesione ai temi socialisti, partecipando anche all’illustrazione dell’ “Avanti”. Dunque il lavoro, la condizione umana, ma anche una serie di notturni attentissimi allo studio della luce compaiono alle rassegne degli anni Dieci. All’Esposizione di Rimini del 1909 invia Nudo, testa di donna, L’ancora e Riflessi d’argento. Rivelazione e La selva Egeria risalgono all’Esposizione Nazionale di Roma del 1911: ottengono un grandissimo successo, tanto da garantirne l’acquisto da parte del Re. Quando nel 1913 si dedica all’illustrazione delle Leggende romane di Luigi Callari, si interessa a remote e misteriose storie del medioevo romano, che segneranno da quasto momento in poi un discreto gruppo di dipinti. Nel 1912 continua con la sua produzione dedicata ai notturni, esponendo a Napoli Luce di lume, Nei paesi dell’eterno silenzio e Sotto la luna, mentre l’anno successivo, sempre a Napoli, invia Sui monti Tifatini e Anima nuda. Giunti gli anni della guerra si arruola come capitano di fanteria e parte per il fronte, dove viene ferito gravemente. Ciò lo porterà ad un’invalidità permanente e soprattutto ad un ulteriore sviluppo tematico e stilistico, che comincia ad assumere toni più drammatici. Nudi, ritratti e paesaggi compaiono alla I Biennale romana del 1921, a quella del 1923 e del 1925. Viene organizzata una sua personale presso la Società degli Amatori e Cultori di Roma nel 1930, in cui compaiono quattordici opere tra cui Il convento dei cappuccini ad Albano, Le Marie raccolgono il sangue di Gesù, Il deserto del Lazio, Nebbie padane, La leggenda del Golfo, Medioevo a Roma. Tutta questa produzione è strettamente legata ad una sua particolare interpretazione e rara partecipazione, accompagnata da una forte sensibilità nei confronti di un naturalismo studiato e sentito. Continua a esporre fino agli anni Quaranta opere come Intimità, Sera in montagna, Giapponese, Sogni, Vecchia casa a Ferrara e Villa Celimontana. Muore a Roma nel 1964.

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