Massimo d’Azeglio nasce a Torino il 24 ottobre 1798, da una nobile famiglia piemontese. Figlio del marchese Cesare Tapparelli d’Azeglio e di Cristina Morozzo di Bianzè, Massimo non amava il cognome Tapparelli, per cui si firmò sempre “d’Azeglio”. In seguito alla conquista da parte governo napoleonico della città di Torino, la famiglia d’Azeglio si trasferisce a Firenze, frequentando la casa della contessa d’Albany, Marie-Caroline de Stolberg, grazie alla quale viene avviene la conoscenza di molti artisti e letterati dell’epoca, fra cui il pittore francese François Xavier Fabre. Nel 1807 la famiglia rientra a Torino e Massimo ha la possibilità di frequentare la Regia Università di Torino nella classe di fisica. Il percorso di studi seguito da Massimo lo porterà a conoscenza delle figure di maggior influenza della Torino a cavallo fra il Settecento e l’Ottocento. Il florido ambiente artistico romano di quegli anni frequentato da illustri artisti, fra i quali Canova, Thorwaldsen, Rauch, Camuccini, Landi e Chauvin contribuì a far nascere in Massimo il desiderio di dedicarsi alla pittura. Dopo il soggiorno romano, nel 1815 Massimo torna a Torino e diviene sottotenente presso la Cavalleria della stanza a Venaria Reale. Insofferente però alla rigida vita militare, decide di dedicarsi alla pittura: grazie all’amico Giuseppe Pietro Bagetti, insegnante dell’Accademia di Belle Arti, entra a lavorare nello studio del pittore Daniele Revelli. Nel 1818 il pittore decide di affinare la propria tecnica artistica e studiare la pratica pittorica dal vero degli artisti stranieri presenti a Roma. Nel 1819 però riparte per Roma e si trasferisce nella Campagna romana, nella casa a Castel Gandolfo presso il lago Albano, dove frequenta il prestigioso ambiente raccoltosi intorno alla villa Cybo; conobbe la pittura en plein air del fiammingo Verstappen, del quale diviene allievo presso lo studio in Roma. Nel 1820 Massimo d’Azeglio espone alcune opere tipicamente romane presso il palazzo dell’Università di Torino: Veduta del Campo Vaccino colle rovine del monte Palatino e Cascatella della Nera nella macchia di Terni. I soggiorni nella Campagna romana continuarono fino al 1826. Durante un soggiorno napoletano nel 1827 conosce Anton Sminck van Pitloo. Nei taccuini dell’artista sono presenti diversi schizzi di Napoli e Sorrento. Tornato a Torino, si dedica tra il 1819 e il 1820 a uno dei sui quadri storici più famosi: La disfida di Barletta e al romanzo Ettore Fieramosca pubblicato nel 1833. Massimo nel 1831 si trasferisce a Milano, dove ha modo di conoscere il celebre Alessandro Manzoni. Poco dopo avverranno le nozze con la figlia del poeta, Giulia, dalla quale ha una figlia, Alessandrina. D’Azeglio diviene un pittore di successo e fino alla fine del soggiorno milanese, nel 1843, espone e partecipa a diverse manifestazioni artistiche, proponendo quadri paesaggistici, a soggetto storico, letterario e cavalleresco. Dalla seconda metà degli anni Quaranta, Massimo d’Azeglio intraprende la carriera politica, schierandosi insieme ai liberali di ispirazione cattolica e affiancando sempre l’attività artistica. Sostenne la politica di Carlo Alberto, che, stimando e avendo fiducia in d’Azeglio gli affida un messaggio segreto da riportare ai patrioti, divenuta successivamente una delle frasi più celebri del Risorgimento, e dando all’artista e politico un’investitura a protagonista e capofila del movimento liberale. Quando nel giungo 1846 viene eletto al soglio pontificio il cardinale Mastai Ferretti, con il nome di Pio IX, d’Azeglio si precipita a Roma, ottiene un’udienza dal pontefice e inizia una campagna politica a sostegno di un duplice disegno: indurre il Papa a farsi capofila dei principi italiani per liberare il territorio italiano dalla presenza straniera, e convincere i progressisti e i conservatori, a unire le proprie forze in questa direzione. Nei suoi scritti tra il 1846 e 1847 si delinea il suo progetto di riforme dello Stato: in sostanza, d’Azeglio tenta di organizzare i lineamenti di fondo della politica liberal-cattolica. Sempre dagli scritti del periodo 1947-1948, si evince la sua politica estera, denunciando la pesante ingerenza austriaca nei fatti italiani, del resto tutta Europa è in fermento e le istanze di libertà e le spinte nazionalistiche si uniscono nell’attacco al potere sancito dal Congresso di Vienna. Il 5 marzo 1848 Carlo Alberto concede lo Statuto e scende in campo, realizzando il sogno di d’Azeglio di vedere un Piemonte alla testa della lotta alla libertà. Il 10 giugno 1848 combatte nell’esercito pontifico. Ma il sogno sembra infrangersi quando, Pio IX rinnega il suo appoggio alla causa italiana. D’Azeglio, tuttavia non abbandona la politica, infatti dopo essere stato eletto alla Camera dei deputati subalpina, il nuovo re Vittorio Emanuele II il 6 maggio 1849 lo nomina presidente del Consiglio dei ministri, carica assunta fino al 1852. Da primo ministro, si muove abilmente nella questione spinosa delle trattative di pace con l’Austria: d’Azeglio infatti, è anche ministro degli Esteri e con grande abilità diplomatica ottiene l’appoggio morale della Francia e dell’Inghilterra, arrivando all’approvazione del trattato di pace. In seguito alla caduta del suo governo, torna alla pittura e nel 1855 assume la carica di direttore della Regia Pinacoteca. Tuttavia, quando si profila una nuova guerra con l’Austria, reindossa la divisa nel 1859, con il grado di generale. Massimo d’Azeglio muore nel 1866 presso l’Accademia Albertina di Torino, nella quale possedeva una stanza. La città torinese gli dedicò un’ampia retrospettiva tenutasi al Palazzo Carignano come tributo per la sua scomparsa.

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