Figlio di Antonio e di Elisa Cadorini, nacque a Trieste il 21 marzo 1878. Ricevette la prima formazione nell'ambiente dell'intelligencija triestina fin-de-siècle, soprattutto nell'ambito del circolo artistico cittadino, dove conobbe Eugenio Scomparini, Arturo Rietti e Guido Grimani. Compì un viaggio di studio a Monaco (forse nel 1895) che si rivelò decisivo per la sua maturazione perché lo mise a contatto con l'evoluzione delle arti figurative in Germania: i suoi primi cartelloni Fisso l'idea, per la Federazione italiana inchiostri (1900), e quello per l'Esposizione di Lodi (1901) risentirono, nell'impostazione liberty della decorazione e nei nudi allegorici, dei modi di Franz Von Stuck, che il D. ebbe occasione di conoscere insieme con A. Boecklin ed i disegnatori delle riviste secessioniste Pan, Jugend e Simplicissimus. Nel 1897 il padre lo inviò a Milano presso le Officine grafiche Ricordi, dove lo affidò ad un altro illustre artista triestino ed amico, Leopoldo Metlicovitz. Lo stesso Metlicovitz, Aleardo Villa e Alfredo Hohenstein, direttore artistico della casa, aiutarono il D. nel rapido passaggio dall'apprendimento delle tecniche cromolitografiche alla realizzazione di manifesti da bozzetti propri. Nel 1898, pur continuando a lavorare per Ricordi, Gualapini e per le ditte Modiano e Cantarella, il D. aprì uno studio a Milano. In questo ambiente, che filtrava le esperienze francesi, inglesi e tedesche più aggiornate, il D. elaborò in soli due anni, dal 1897 al 1899, un codice personalissimo, stringato e innovativo attraverso il quale riuscì a conciliare la pittura tradizionale con le esigenze della promozione pubblicitaria (Curci, 1985, p. 11). Nel 1899 fu chiamato a Bologna dall'editore Edmondo Chappuis. Durante questo soggiorno, che terminò nel 1905, il D. si impose all'attenzione in Italia e all'estero con alcune opere che segnarono il suo periodo migliore: già nel 1900 aveva vinto a Parigi una medaglia d'oro all'Esposizione universale per un cartellone a noi ignoto; dal 1900 al 1902, per tre anni consecutivi, si impose nei concorsi bolognesi indetti dalla Società per il risveglio cittadino per reclamizzare le "Feste di primavera". Ben presto rivelò la sua personalità brillante e mondana che gli permise di inserirsi perfettamente nel bel mondo bolognese del suo tempo. In questo periodo incontrò Elisa Bucchi che sposerà nel 1911 e che figurerà costantemente nei suoi manifesti. Sempre nel 1900 egli iniziò l'attività di illustratore disegnando copertine, vignette, lettere decorate per varie riviste: La Lettura (mensile del Corriere della sera; dal 1901), Novissima (Milano; 1901), La Settimana (Napoli; 1900), Varietas (Milano; 1904), Ars et labor (Milano; 1906), e in particolare L'Italia ride (Bologna; 1900), dove il D. rivelò "... la matrice preraffaellita, ma anche la matrice classico-antica... la medesima che nutre i sogni paganeggianti del classicismo simbolista di quegli anni ..." (Bossaglia, 1967, p. 38). Dopo un brevissimo soggiorno a Genova, forse di pochi mesi, presso la tipografia Armanino, nel 1906 si stabilì definitivamente a Milano, dove strinse relazioni sempre più radicate con il mondo imprenditoriale. Raggiunta una consolidata reputazione di "maestro" del cartellonismo, nel 1906 tornò a lavorare per Giulio Ricordi. Il suo stile seguì sempre discretamente le correnti figurative contemporanee evitando ogni impegno pittorico diretto, ma preferendo mediarle e rielaborarle attraverso l'espressione grafica. Così in questo periodo prevalsero bidimensionalità, larghe stesure cromatiche, forma semplificata ed accentuata del contorno sull'onda dell'influenza della secessione e prima ancora della grafica giapponese. Anche le scelte tematiche, le celebrate "donnine" costruite con pochi tratti, ad es. per il Liquore Strega (1906), rimandavano a P. Bonnard, J. Cheret e H. Toulouse Lautrec. Confermò la sua fama in ascesa vincendo il primo premio per il manifesto celebrativo del traforo del Sempione (1906) e realizzando la decorazione interna dell'edificio della sezione di arte decorativa italiana all'Esposizione internazionale del Sempione (quella esterna fu realizzata da G. Chini). Sempre attorno al 1906 iniziò una lunga collaborazione, che proseguì fino al 1914, con la casa di confezioni Mele di Napoli, occupandosi della promozione di immagine della ditta. Creò anche manifesti per Hellera (al teatro Regio di Torino nel 1909) di I. Montemezzi e La secchia rapita di J. Bourgmeine (pseud. di G. Ricordi), in scena al teatro Alfieri di Torino nel 1910. Nel 1911 vinse il concorso per la pubblicità della ditta Borsalino; nello stesso anno fu chiamato dall'editore Albert Langen di Monaco di Baviera a sostituire Ferdinand von Reznicek, titolare della pagina mondana della rivista satirica Simplicissimus, collaborazione che ebbe di nuovo dopo il 1918 e poi dopo il 1945 (L. Borgese, in Opere di M. D., 1968, pp. n.n.). Come illustratore fu inviato speciale della rivista a Ostenda, Dauville, Parigi, Londra, Montecarlo e realizzò straordinari quadri di ambiente e ritratti di personaggi alla moda che furono raccolti dallo stesso Langen in un album edito a Monaco nel 1913 intitolato Corso. A Monaco nacque l'unica figlia Adriana. Con la grande guerra il lavoro del D. subì una crisi profonda; nel 1914 tornò a Milano dove, sospettato di filo-germanesimo, vigilato ed esentato dalla leva, riprese a lavorare per Ricordi con cui non aveva mai interrotto la collaborazione. Ma la rapida trasformazione della società lo trovò incapace di interpretare gli avvenimenti con la stessa incisività di prima. Migliorò invece l'organizzazione del suo lavoro e incrementò le commissioni come i tempi della riorganizzazione industriale posbellica sempre più richiedevano. Tra il 1917 e il 1919 fu a Torino dove lavorò per l'editore Polenghi e si accostò al cinema venendo a contatto con modalità di esecuzione molto più rapide e forme di comunicazione più dirette. Conobbe allora il cartellonista francese L.-A. Mauzan, da cui imparò essenzialità di messaggi, contrasti cromatici, nuovi elementi lessicali, come le ombreggiature, tesi a una diversa plasticità, mentre dal livornese Leonetto Cappiello derivò la messa in evidenza di un solo personaggio e il fondo monocromatico. Attorno al 1920 fondò a Milano con Arnaldo Steffenini la Star, società di produzione pubblicitaria, che affidò le stampe e la diffusione dei manifesti suoi e di altri artisti all'IGAP (Impresa generale di affissioni e pubblicità) di cui lo stesso D. fu il direttore artistico dal 1922 al 1936 (Annitrenta, 1983, p. 552). Fra i clienti del D. sempre più numerosi e importanti si ricordano Carpano, Pirelli, Strega, Assicurazioni generali, La Rinascente. Con quest'ultima ditta il D. stabilì un rapporto privilegiato e continuo (1921-1956), realizzando più di cinquanta manifesti. Intorno al 1920 riprese anche ad eseguire copertine ed illustrazioni per riviste (Il Travaso delle idee, ed. a Roma, e Rapiditas, la rivista di automobilismo edita a Roma da Novissima), oltre che cartoline e disegni per calendari. Partecipò alla XII e alla XIII Biennale di Venezia rispettivamente nel 1920 e nel 1922. Negli anni Venti e Trenta, mentre artisti come F. Depero, Seneca, M. Sironi, Seco (S. Pozzati) andavano affermando linee di ricerca più colte e impegnate, iniziò il lento declino del D. che continuò nella sua produzione oramai di maniera. Nel 1931-32 eseguì affreschi per la mensa del ministero dell'Aeronautica di Roma. Nel 1935 e nel 1938 collaborò con l'INA (Istituto naz. assicurazioni) per la realizzazione delle copertine degli opuscoli illustrativi della polizza del rurale e di quella XXI Aprile (I settantacinque anni dell'INA, Roma 1987, pp. 63 ss.). Tra il 1936 e il 1937 fu chiamato in Libia da Italo Balbo in qualità di decoratore e vi ritornò nuovamente nel 1951 quando il Circolo degli Italiani rimasti in Libia organizzò una mostra su di lui (Curci, 1976, pp. 35, 74 s.). Il D. espose tempere, disegni e schizzi in numerose personali a partire dal 1942 (ibid., p. 81). Nel 1945 morì la moglie Elisa. Il D. morì a Milano il 31 marzo 1962.

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