Gaetano Esposito è stato un pittore italiano. Appresi i primi rudimenti da Gaetano D’Agostino, fu allievo presso il Reale Istituto di Belle Arti di Filippo Palizzi, di Domenico Morelli e di Stanislao Lista. Suoi compagni di corso furono: Giuseppe Avallone, Vincenzo Migliaro, Vincenzo Caprile, Giuseppe De Sanctis, Paolo Vetri, Vincenzo Volpe, ai quali era legato anche da affinità di gusto. Presente in quasi tutte le esposizioni della Promotrice Napoletana, a partire dal 1875, con uno Studio dal vero, acquistato da Enrichetta Vonwiller, si affermò nella Esposizione Nazionale del 1877 con tre quadri di genere. Alle promotrici presentò: nel 1876 il dipinto “Un momento di tristezza” e “Marinaio tunisino“; nel 1882 “Va” e “Simm’arrivate“, molto apprezzati da Francesco Netti, che, però, vi vedeva il pericolo di una “pittura per la pittura”; nel 1884 fuori catalogo, “Peppariello“, toccato in sorte a Vincenzo Volpicelli; nel 1885 “Chi vuol bene vede senza essere veduto”; nel 1894 “In chiesa” e “Ricordo di Napoli“; nel 1906 “La Grotta delle Ninfe” e “Palazzo Donn’Anna“. Nel “1880” per concorrere al pensionato, aveva eseguito due bozzetti, “Cristo presentato al popolo” e “Cristo e i fanciulli” (Napoli, Galleria dell’Accademia), oltre alla grande tela “Cristo benedice i fanciulli“, esposta a Torino nel 1880 ed acquistata dal Ministero della Pubblica Istruzione per la Galleria dell’Accademia di Napoli. Utilizzava spesso soggetti di bambini nei suoi quadri di genere, lasciandosi influenzare dal patetismo di Antonio Mancini e dal suo interesse per gli stracci e la resa materia del colore. Il colore tuttavia in Esposito, pur molto ricco, è levigato e graduato in chiaroscuri preziosi ed accurati, alla maniera di Edoardo Dalbono. È soprattutto nei ritratti, e in particolare in quelli femminili a pastello, che il pittore fa sfoggio di grande virtuosismo nel padroneggiare la tecnica tonale di derivazione seicentesca. Fra i suoi ritratti, si possono ricordare quello dell'”Architetto Pisante“, (1876; Napoli, Galleria dell’Accademia), quello un po’ rude di “Vincenzo Migliaro” (Napoli, già Collezione Casciaro, ora Banco di Napoli), quello dell'”Architetto Curri“, quello di “Giacinto Gigante“, ripreso dal ritratto eseguito da Domenico Morelli nel 1865. Un dipinto famoso, che risente ad un tempo, della sua abilità di ritrattista, e della sua esperienza di “generista” è: “In chiesa“, esposto a Roma nel 1893, a Monaco di Baviera nel 1896 ed a Milano nel 1897 (già Napoli, Collezione Casella; ora Salerno, Collezione privata). Un’opera coeva è poi: “Attesa” (Napoli, già Raccolta Chiarandà, oggi, Collezione D’Angelo) che ricorda, come composizione, “Le due madri” di Gioacchino Toma. Negli anni a cavallo dei due secoli si dedica a pitture decorative di un certo impegno come gli affreschi presso la Camera di Commercio di Napoli o la decorazione del “plafond” del Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere, con l'”Apoteosi della poesia“. Fu presente in varie mostre nazionali e internazionali, a Roma nel 1883 con l’opera: “Da Posillipo“, a Torino nel 1884, fra le altre con: “Primi palpiti“; a Milano nel 1894 con: “Zingari“, a Venezia nel 1895, a Roma nel 1896, a San Pietroburgo nel 1898, a Roma nel 1901, a Londra nel 1904, a Milano nel 1906.Più volte premiato: a Firenze (1896-1897), a San Pietroburgo (1902, medaglia d’oro per il dipinto “Nel porto di Napoli”). Fu presente fra gli espositori della Società Napoletana degli Artisti (poi Circolo Artistico), ma non compare fra gli iscritti dal 1888 al 1891. Compare, invece, per breve tempo, fra gli aderenti al “Circolo dei “Vomeresi””, formatosi in contrapposizione al Circolo Artistico ai primi del Novecento. Nell’osservare attentamente la pittura napoletana del Seicento, Esposito era attratto soprattutto da Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto e da Massimo Stanzione. Da questi studi, deriva una vera e propria pittura di “valori, in opere come: “Dallo scoglio di Frisio“, noto anche come “Palazzo Donn’Anna” (premiato ed acquistato all’Esposizione di Belle Arti di Roma del 1893 per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Quel palazzo barocco incompiuto, oggetto di numerose leggende, dove Esposito aveva fissato la sua dimora di autentico “deraciné”, fu uno dei suoi temi preferiti, indagati fino all’ossessione. Lo ritrasse, infatti, nelle varie ore del giorno e in diverse condizioni meteorologiche. La ricerca dei vari effetti della luce non intaccò mai, tuttavia, la sodezza plastica delle forme e si mantenne distante dai coevi sperimentalismi dell’arte d’avanguardia. La sua vita si concluse prematuramente a soli 53 anni; sentendosi responsabile della morte di una giovane modella, Venturina Castrignani, di cui non aveva ricambiato l’amore, vi pose fine suicidandosi. Fra le opere di collezioni pubbliche ricordiamo: “Interno della chiesa della Certosa di San Martino” (Napoli, Comune), “Tentazione” (1883; Napoli, già Raccolta Chiarandà, oggi, Banco di Napoli, vari “Studi” (Napoli, Galleria dell’Accademia), “La famiglia del pescatore” (Piacenza, Galleria Ricci-Oddi), “Ritorno dalla pesca” (Salerno, Consiglio Provinciale), “Vecchio pescatore” (Salerno, Museo Provinciale), “Pacchiana e Mumarellara” (Salerno, Comune). Due retrospettive gli furono dedicate nella Prima Mostra Salernitana del 1927 e nella Seconda del 1933. Morì a Sala Consilina, Salerno, il 7 aprile 1911.

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