Giovan Battista Lelli (Milano, 21 giugno 1827 – Milano, 13 aprile 1887) è stato un pittore italiano. Nacque a Milano il 21 giugno 1827 da Antonio e da Carolina Bianchi, in una famiglia benestante, residente in via Rastrelli. Nel marzo del 1848 partecipò con entusiasmo ai moti antiaustriaci, lasciandone una breve memoria. Il suo impegno patriottico continuò ancora negli anni successivi, almeno fino al 1859, quando combatté nelle file garibaldine. Resta aperta la questione della sua formazione artistica. È probabilmente da smentire la notizia riportata da Ortolani secondo la quale il suo maestro sarebbe stato l’anziano M. Gozzi, morto nel 1839, quando il Lelli aveva appena dodici anni. I suoi primi dipinti noti, presentati alle annuali esposizioni dell’Accademia di Brera a partire dal 1855, traggono spunto dalla frequentazione e dallo studio della regione dei laghi, delle Prealpi e delle Alpi lombarde. La Veduta del lago di Lecco nelle vicinanze di Varenna e la Veduta del paese di Omegna, lago d’Orta (Milano, Pinacoteca di Brera, in deposito presso la Galleria d’arte moderna), esibiti rispettivamente nel 1862 e nel 1863, documentano la sua bilanciata poetica, rispettosa dei precetti della tradizione vedutistica lombarda di inizio secolo (propria, per esempio, di L. Bisi, G. Canella, A. Inganni) e moderatamente aperta alle nuove istanze del realismo. Alla metà degli anni Sessanta cominciò a impartire lezioni di disegno presso il collegio reale delle fanciulle. Al pubblico dei “dilettanti” aristocratici si rivolse il fortunato manuale, intitolato Corso progressivo di paesaggi. Studi dal vero, che redasse per l’editore Vallardi intorno al 1867. In quell’anno presentò a Brera, dove tuttora è conservato, il dipinto Nella pianura (Il fiume Po presso Vaccarizza), in cui l’adesione alla “modernità”, nei suoi aspetti più prosaici, si svela nell’inserimento del motivo della diligenza in primo piano. Contemporaneamente partecipò all’Esposizione universale di Parigi con una Veduta del paese di Omegna, lago d’Orta (ubicazione ignota), probabile variante di quella dipinta nel 1863. Nell’arco dei dieci anni successivi il pittore, stimolato al rinnovamento della pratica d’atelier dal contatto con G. Fasanotti e L. Riccardi, si guadagnò la stima degli ambienti più avanzati della cultura artistica cittadina, oltre che una folta schiera di seguaci (tra gli altri, A. Besozzi, T. Dell’Orto, S. Fornara, M. Reina, F. Rognoni Gratognini, G. Vigoni). Fu tra i primi “paesisti” milanesi a dare centralità al metodo di lavoro en plein air, a contatto diretto con il motivo, e ad adottare un metodo d’insegnamento che prevedeva lunghi soggiorni estivi in zone montane o collinari. Dalla lettura della corrispondenza e dall’analisi dell’opera giovanile di U. Dell’Orto e di S. Poma, che furono suoi allievi tra il 1867 e il 1872, si evince la consuetudine della permanenza prolungata, e in gruppi scelti, in Valtellina e sul monte Rosa. In tali occasioni il Lelli era solito realizzare, a scopo didattico, oli su carta di piccole dimensioni, lasciando agli studenti il disegno a matita degli elementi naturali. Fissato lo studio in via S. Primo, 6, continuò a esporre con regolarità a Milano, proponendosi inoltre alle rassegne torinesi (1880, 1884) e romane (1883). L’ispirazione monocorde e una certa ripetitività nella scelta dei motivi indispettirono progressivamente la critica, che cominciò a recensire con severità le sue opere. Giudicato un “molto civile pittore, molto attillato ingegno, ma floscio e manierato e monotono” all’esposizione braidense del 1868, finì per divenire, nel corso dell’ottavo e nono decennio del secolo, il simbolo della resistenza alla sperimentazione promossa dagli scapigliati, F. Carcano e E. Gignous in particolare. Nel 1883, a commento delle tele esposte a Roma (Monte del Tonale e Cava di granito nel monte Orfano: ubicazione ignota), P. Levi commentò: “nulla di più piatto, di più falso, di più convenzionale”. Morì a Milano il 13 aprile 1887. La maggior parte delle sue opere si trova in collezioni private lombarde; nuclei significativi sono alla Pinacoteca di Brera e alla Galleria d’arte moderna di Milano.

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