Nato a Galatina (Lecce) il 24 gennaio 1836, morto a Napoli il 12 gennaio 1893. Rimasto orfano in tenera età, fu raccolto dal famoso Ospizio dei poveri di Giovinazzo nel Barese, dove ebbe i primi rudimenti d'istruzione e di educazione ed apprese i primi elementi del disegno. Fuggito di là, dopo molto peregrinare, assolutamente privo di risorse, riuscì ad allogarsi come garzone presso ornamentisti e decoratori che presto sfruttarono il suo ingegno e le sue spiccatissime doti di disegnatore. Perseguitato dal Governo Borbonico che lo accusava di cospirazione, venne confinato a Piedimonte d'Alife per diciotto mesi, durante i quali per vivere, dipinse Madonne e Santi, e ritratti commessigli da famiglie signorili del luogo. Cacciati i Borboni, ritornò a Napoli e si presentò a quella Esposizione con l'Erminia del Tasso che fu premiato con medaglia d'argento. Fu questo inaspettato successo che spinse il Toma a perfezionarsi, a riordinare i suoi studi, ad approfondire la propria cultura. Pittore delicato e modesto, rimase estraneo al movimento innovatore della pittura che si manifestò nell'800. Egli usò un'arte tutta sua personale, che non deriva da nessuna scuola, e della quale si servì per esprimere i propri sentimenti soffusi di dolce melanconia. « I suoi quadri si distinguono e si riconoscono subito per la sapiente composizione, per una voluta povertà di colore, per la squisitezza dei toni infiniti del bianco, del grigio perla, per la trasparenza e la tenuità delle ombre, per il disegno sempre poderoso». («L'arte di G. Toma » di Pietro Casotti). Oltre alla già citata Erminia del Tasso, dipinse: Un torturato dell'Inquisizione, esposto a Parigi e alla terza Promotrice Napoletana, ed acquistato dal Municipio di Napoli; Messa in casa; L'onomastico della maestra; La confessione del prete; La ruota dei trovatelli, uno dei quadri più belli e più suggestivi del Toma, conservato nella Galleria d'Arte Moderna in Roma; Il bacio della nonna; Le monache al coro; Il prete reazionario; La pioggia di cenere del Vesuvio, magnifica tela raffigurante la terribile calamità che colpi Napoli nel 1872, premiata ed acquistata per la Galleria d'Arte Moderna di Firenze, dove tuttora si trova; La San felice in carcere, che trovasi nella Galleria d'Arte Moderna di Roma (un'altra edizione nella raccolta dell'avv. Camillo Giussani di Milano); Un romanzo nel convento (Galleria d'Arte Moderna di Roma), «.... tenue e soavissima tela, dove la visione spontanea e tranquilla è unita mirabilmente a un sottile sapore d'arguzia » ; Viatico all'orfana (Galleria d'Arte Moderna di Roma); Allo stato civile (bozzetto, pure conservato nella Galleria d'Arte Moderna di Roma); La tavola delle cieche, conservato dal figlio ing. Gustavo; Autoritratto, poderoso di disegno e vigoroso d'espressione, collocato dopo la morte dell'autore nella Galleria degli Uffìzi ; inoltre ritratti di famiglia, paesaggi pugliesi e napoletani, e numerosi bozzetti. Al Museo di Liegi si conserva un quadro intitolato Donna all'alba. Gioacchino Toma, che le crudeli persecuzioni borboniche avevano fatto diventare uno dei cospiratori più accaniti, combattè nel 1860, animato da santo ardore, nelle legioni di Garibaldi. Insegnò con passione nella scuola di disegno per gli operai da lui fondata per incarico del Governo di Napoli, e nell'Istituto di Belle Arti di quella città. Nel 1922 per iniziativa di Salvatore di Giacomo, Napoli onorò la memoria del più grande pittore partenopeo dell'ottocento, inaugurando una mostra personale delle opere più significative dello scomparso. Da quell'epoca l'arte di Gioacchino Toma iniziò la sua ascensione collocandosi in un decennio ai primi posti della pittura ita'iana del XIX secolo.

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